Serve essere forti, serve essere competitivi, serve essere utili agli altri. Poi serve essere buoni, serve essere soprattutto belli, ma anche altruisti, dinamici, testardi, caparbi. Non bisogna accontentarsi, bisogna invece dare il massimo e quindi, giustamente, pretendere il meglio. Ce lo meritiamo dopotutto, non vi pare?
La nostra società (e le persone che ne fanno parte, familiari inclusi) pare imporci, velatamente o meno, tutta una serie di dettami che divengono così intimamente intessuti ai nostri pensieri da rischiare di non notare più la differenza tra questi e le nostre stesse idee.
Questione pericolosa. Significa che possiamo iniziare a giudicarci secondo uno schema che ci è stato, forzatamente, instillato. Da altri, involontariamente o volontariamente.
Chi ha deciso, davvero, che cosa devo indossare, come devo parlare, le battute che dovrò usare per far ridere gli altri? un programma televisivo? una pubblicità? un film? una serie TV o quale influencer di YouTube? Fermiamoci qui.
Eccomi allora tentare di costruire una immagine, di diventare una immagine: l’io che voglio gli altri vedano, il come voglio che gli altri mi pensino, mi immaginino.
Se poi ci sentiamo tristi, non stupiamoci. Se poi ci sentiamo ansiosi, stupiamoci anche di meno.
Fino a che non riusciremo a fare un po’ d’ordine dentro di noi, sarà difficile capire che cosa ci sta succedendo e ci sentiremo probabilmente molto confusi.
Ma come si fa ordine dentro di noi? bisogna prima di tutto imparare a vedere, imparare a fare un po’ di spazio tra i nostri pensieri. Ci vuole pazienza. Ci vuole metodo.
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