Palazzo Moroni, Conferenza Vesak 2023 – Intervento di Daniele Rostellato

Palazzo Moroni, Conferenza Vesak 2023 – Intervento di Daniele Rostellato

La più importante festività buddhista è il Vesak. Si festeggia ogni anno, il primo fine settimana di maggio. Si tratta di un evento irrinunciabile per tutti i buddhisti, un momento unico in cui ricordare la nascita, l’illuminazione e la morte del Buddha. Organizzatori dei festeggiamenti di quest’anno a Padova sono stati il Centro Taracittamani, il Samma Sati del venerabile Bhante Piyadassi Thero ed il piccolo Tenryuzanji, del venerabile monaco Seiun, di Cinte Tesino, in provincia di Trento.

La cornice è quella della Sala Anziani di Palazzo Moroni, sede del Comune di Padova, popolata per l’occasione da una quarantina di persone, non tutte, immagino, già in contatto con la filosofia buddhista.

Sono stato invitato per tenere un breve intervento, cui il video si riferisce, riguardante la “meditazione come cura“. Tema assai dibattuto, anche in ambito scientifico: il libro “La meditazione come cura” di Daniel Goleman ne è un chiaro esempio. Nel video non si capirà pienamente, ma questo testo non ha trovato la mia approvazione. Si tratta per lo più di un grande insieme di resoconti realizzati su studi scientifici, tutti tesi a verificare cosa effettivamente la meditazione produca, apporti, susciti ed infine materialmente comporti, a livello neurologico.

Materiale senza dubbio interessante, ma che manca l’obiettivo di parlare di meditazione e, soprattutto, di cura.

Siamo carne e sangue e siamo sostanzialmente soli, immersi in un mondo nel quale possiamo (e per certi versi dobbiamo) tendere le mani, afferrando e provando a trattenere, ma in realtà potendolo fare solo per un po’. Tutto ciò che vogliamo resti con noi si dissolverà, presto o tardi. Vita come un “allenamento alla perdita“, diceva una psicoterapeuta di cui mi sfugge il nome.

La meditazione è un sentiero senza meta, che si percorre con passi che non fanno alcun rumore.

Presto o tardi si dissolverà anche il nostro stesso poter trattenere e, da ultimo, dovremo abbandonare il nostro respiro, ovvero l’oggetto stesso della meditazione per come questa è stata insegnata, venticinque secoli fa. Entro una manciata di minuti più tardi, sarà il momento della dissoluzione delle cause che conducono al manifestarsi della nostra coscienza. E’ triste? E’ doloroso? Per il Buddhismo anche questo è Dhamma, fa parte dell’essenza della realtà.

Possiamo scegliere di vivere in conformità a Dhamma, possiamo ignorare Dhamma. A noi la scelta e tutto ciò che comporta.

Questa la visione del Buddhismo. A me non resta che richiamare ancora una volta le straordinarie assonanze con la psicoanalisi: due discipline ed un solo compito individuato nell’ampliare la visione degli esseri umani.

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