7Domande vorrebbe diventare un appuntamento fisso di questo blog. Ovviamente non possiamo garantire date di pubblicazioni regolari né una vera e propria scaletta, ma ce la metteremo tutta, nonostante il periodo, per “incontrare” personalità che possano condividere con noi la loro prospettiva sul mondo, incuriosirci ed offrirci stimoli.
Se c’è una cosa che queste settimane ci stanno insegnando è che niente è scontato, niente è sicuro come forse pensavamo. Persino una struttura apparentemente solida come la società può essere messa in discussione ed iniziare a traballare. Non parliamo delle nostre routine quotidiane.
Per chi non si è ammalato gravemente e, condizione fondamentale, dalla sua vita sa apprendere, si tratta di certo di una grande (anche se non richiesta) opportunità di crescita: proprio le apparenze, soprattutto quelle che siamo noi a far sorgere, attraverso le nostre aspettative ed i nostri timori, possono rivelarsi degli amici davvero poco affidabili. Il buddhismo, in particolare nella persona di alcuni mistici appartenenti a questa filosofia (o religione, a seconda dei punti di vista), opera in profondità nell’essere umano, con l’obiettivo di condurlo ad un contatto autentico con la realtà.
Dalle pagine di questo blog scegliamo di farvi compagnia, ne aveste bisogno, presentandovi la nostra prima intervista: 7Domande ad una persona che molto gentilmente si è prestata ai nostri insidiosi quesiti.
Il reverendo Seiun (a questo link trovate una sua bellissima biografia e quindi non gli chiederemo nulla di tutto ciò sia ivi contenuto) è un monaco buddhista piuttosto conosciuto nel suo territorio, la provincia autonoma di Trento, dove sorge il suo piccolo, bellissimo tempio, Tenryuzanji, ricavato da un maso. L’intervista si è svolta via email, ça va sans dire.
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1. Buonasera rev. Seiun, innanzitutto grazie per l’opportunità che ci ha concesso. E’ un periodo davvero strano e, che ci piaccia o meno, che lo si voglia negare o meno, molti di noi hanno paura. Lei ne ha? Come sta vivendo questi giorni?
Buonasera a lei Beh si, non c’è dubbio che stiamo affrontando un periodo difficile e inedito, io non ho esperienza di una simile situazione in cui uno stato o dei governanti prendano le decisione, dovuta e ritengo adeguata, di limitare la libertà di movimento dei propri concittadini. Tuttavia ripeto che a mio avviso le decisioni che sono state prese, non ultima la scelta di giungere a questa fase attraverso un percorso graduale utile ad abituare le persone e limitare i traumi, siano state giuste. Poi avrei da ridire su altre modalità messe in atto o, peggio, non attivate a tempo debito, ma io non sono né un politico né un esperto di tali situazioni, quindi preferisco avvalermi di una fantastica libertà che mi viene insegnata dal Buddha stesso: del nobile silenzio! A me infatti piace discutere, anche con una certa determinazione sulle questioni che conosco, tendo invece a limitarmi fino a tacere riguardo a ciò che non conosco o dove non ho alcuna competenza tecnica. Sarebbe bello che tutti facessero così, non perché lo dico io, ma perché si eviterebbe di ascoltare o leggere sciocche forme di protagonismo in cui dare voce al proprio ego è la priorità! Lei mi chiede se ho paura, beh non ho paura delle situazione in sé, ciò che mi spaventa tendenzialmente è l’ignoranza umana! Con ciò non voglio banalizzare la situazione di pericolo che stiamo affrontando, ci mancherebbe altro! Il virus c’è, i contagi avvengono, le vittime sono una triste realtà, la pandemia è giunta! Quindi sarebbe sciocco da parte mia banalizzare! Tuttavia ribadisco che non ho paura, non lascio libera circolazione di certe emozioni distruttive nella mia mente, cerco piuttosto di mantenermi adeguatamente cauto, come si dice “con la guardia alta”, rispettando le regole che ci vengono trasmesse dagli esperti. Io sto affrontando questo periodo come fosse un ritiro spirituale. Forse per noi monaci questo viene più facile e mi rendo conto invece che per le persone non addestrate a queste pratiche, una simile situazione sia molto difficile da affrontare, però consiglierei a tutti di cominciare intanto a non usare più parole come: confinamento, reclusione, restrizione, ecc., poiché hanno una natura negativa che indebolisce la nostra mente ed il nostro spirito! Sfruttiamo di più la parola “ritiro”, iniziamo a dire “io sono in ritiro”, se a qualcuno sta scomodo o è allergico al termine “spirituale”, allora può considerarlo un ritiro interiore, o mentale, in cui diamo spazio ad una cosa che abbiamo per anni dato per scontato o addirittura dimenticato: Noi stessi! Riscopriamo così il nostro “essere tempo” e scopriremo come certe affermazioni quali “vorrei ma non ho tempo”, sono vuote di verità! Sono solo scuse e giustificazioni utilizzate per anni ma solo perché ci facevano comodo! Ecco allora prendiamo il coraggio per riconoscere questa nostra indole a dribblare gli impegni con noi stessi, con i nostri affetti e, una volta presa questa consapevolezza, prendiamo l’impegno con noi stessi che terminato questo periodo non cadremo più in queste trappole della nostra mente pigra e egoica! Se approfittassimo di questa situazione in questo modo, allora sarebbe un momento di crescita personale e non una sofferenza continua, giornaliera che attende solo che tutto finisca. Uno stratagemma che funziona e che dà forza e determinazione, sta nel costruirsi un programma quotidiano, questo dà degli obiettivi e l’impegno che metteremo per raggiungerli ci darà sempre nuova carica ed entusiasmo.
2. Grazie, sono consigli preziosi e credo anch’io che iniziare a cambiare le parole che usiamo possa darci una grossa mano per rendere diversa la nostra realtà. La prossima domanda: se tutti fossimo dei bravi buddhisti, quali sarebbero le differenze più evidenti rispetto alla società che viviamo?
Beh, credo che se tutti fossimo bravi buddhisti, come dice lei, in questa società non ci sarebbe più spazio per violenza, stupidità, sfruttamento, guerre, uccisioni anche di animali, ecc. So che possono sembrare delle belle frasi fatte, ma sarebbe proprio così, poiché l’insegnamento del Buddha è fatto di compassione e consapevolezza! Una volta una persona, un ragazzo musulmano, riguardo a certi avvenimenti accaduti in Birmania mi ha detto: “ecco, visto cosa fanno gli integralisti buddhisti?!”. Io risposi sorridendo e dicendo che sarei felicissimo e mi sentirei molto sicuro a vivere in mezzo a degli “integralisti” buddhisti, poiché sarebbero molto ligi nella pratica dei precetti: non uccidere, non mentire, non praticare attività sessuale scorretta, non rubare e non assumere sostanze che possono alterare la mente! Non male stare accanto a persone che seguano integralmente tali precetti, direi hahahahaha. Ritengo che la religione che può salvare il mondo sia proprio il buddhismo!
3. Pure il Dalai Lama ha detto che la sua religione preferita è il Buddhismo: forse siete entrambi un po’ di parte. Adesso una domanda scomoda: viene spesso detto che la sua filosofia (se possiamo chiamarla anche in questo modo) non dà indicazioni precise sul cibarsi di esseri senzienti. È vero? Lei come la pensa?
Non è del tutto esatto affermare che il buddhismo non dia indicazioni precise a tal punto. Ovvio che se il Buddhista non studia, e magari trova soddisfazione nell’appagare il proprio palato con i sapori delle sostanze che danno gusto alla carne, proverà a cercare delle giustificazioni. Si limiterà cioè a prendere come sua bandiera il contesto in cui il Buddha, dopo una richiesta di obbligare i suoi discepoli a non mangiar carne, non acconsentì. Certamente allora, questo “Buddhista”, continuerà a cibarsi di carne (o pesce), e magari per supportare il suo agire correda il tutto con l’affermazione “ma la mia tradizione buddhista me lo permette” o ancora “posso poiché nella zona di provenienza della mia tradizione non potevano cibarsi solo di vegetali”. È chiaro allora che questi si sentirà legittimato a proseguire con la sua dieta anche carnivora. Bisogna studiare il fatto che il Buddha in quel momento non accettò la richiesta postagli, poiché comprese i motivi alla base di questa. Non significa tuttavia che egli avvalorasse l’abitudine di mangiar carne! Infatti, studiando, anche quel Buddhista scoprirebbe che, in diversi sutra (o insegnamenti del Buddha), viene precisata l’importanza per un discepolo di astenersi dal cibarsi di carne, per non essere causa o concausa, né mandante di uccisione e sofferenza! Poi basterebbe anche solo ricordare i precetti che alcuni “buddhisti” tendono a dimenticare e che ho elencato prima. Nel precetto di non uccidere è contenuta la chiara presa di posizione del Buddha riguardo a questa abitudine di mangiar carne senza porsi alcuna domanda! Basterebbe chiedersi: “da dove arriva questa bistecca?” Vede, essere monaci, indossare un abito religioso, evidentemente non basta per essere un buon discepolo hahaha….io dico sempre alle persone che non è l’abito che fa il monaco, ma in questo caso il monaco che fa l’abito!
4. In effetti declinare i precetti, di qualunque religione si parli, a seconda di ciò che ci fa comodo è configurabile come una mancanza di coerenza. È anche vero però che, con pazienza, un passo dopo l’altro, una persona può aspirare a migliorare, ispirandosi ad un modello. Da questo punto di vista, se presa seriamente (giusto per citare di nuovo il Dalai Lama), ogni religione fa la sua parte. Spesso però manca il “senso di urgenza”: tutto viene rimandato all’infinito, soprattutto ciò che richiede cambiamento e fatica. Intervalliamo adesso con un argomento un po’ più leggero: ci racconti come si svolge la giornata tipo del monaco buddhista occidentale…
Oh beh, credo sia diversa per ogni monaco o monaca…posso parlare della mia! La mia giornata tipo non esiste in realtà hahaha, infatti se proprio c’è un punto fisso nella mia quotidianità, potrei dire che si tratta del mutamento. Ogni giornata è quindi diversa, gestisco diverse attività: insegnamento delle filosofia Buddhista, arti marziali, meditazione, parlo o meglio ascolto persone, rispondo ad email, telefonate, poi studio, preparo i programmi dei ritiri, partecipo a riunioni, conferenze ecc. Però potrei dire che i momenti fermi (tranne casi di forza maggiore) sono la meditazione del mattino e della sera.
5. Il nostro è un blog che si occupa di filosofia e psicologia, quindi ci piace andare un po’ più in profondità, ma risponda solo se la domanda non le sembra fuori luogo. Sappiamo che ha perduto suo padre: si tratta di qualcosa di “normale”, certo, ma la morte di una persona cara in fondo di “normale” ha ben poco, almeno dal punto di vista occidentale. Come ha vissuto la sua perdita? cosa il buddhismo ci può raccomandare, per affrontare momenti come questi?
Sì, ormai sono passati molti anni, io non ero ancora monaco, anzi avevo iniziato da poco il mio percorso conoscitivo riguardo al buddhismo. Però, già in quelle prime fasi, ricordo che avevo avvertito in me una comprensione, ancora sensibile e fragile certamente, di come questa esperienza che stavo vivendo fosse in realtà, proprio come dice lei, “normale”! È normale perché fa parte della natura di tutte le cose, è normale il dolore che si vive perché tendiamo ad attaccarci ai fenomeni stessi, a maggior ragione se si tratta di affetti, ma è proprio lì che dobbiamo impegnarci a lavorare sodo! Ovviamente, la capacità di risposta adeguata ad un tale evento personale e privato può derivare esclusivamente dallo studio e dalla pratica dell’insegnamento del Buddha! Dobbiamo digerire questo insegnamento e diventare noi stessi l’insegnamento, altrimenti, diversamente, saremo sempre due cose separate, noi ed il Buddhadharma! Il Buddhismo non fa parte delle religioni del Libro: gli insegnamenti che leggiamo e studiamo devono diventare parte delle nostre stesse viscere, noi dobbiamo essere l’insegnamento! Vede che ci ricasco sempre nel dire che un Buddhista dovrebbe studiare? Altrimenti saremmo solo capaci di riempirci la bocca di belle fraseologie che potremmo usare per incantare i nostri amici a tavola e farci belli, perché oggi essere Buddhista fa bello hahahahahaha..
6. Sicuramente. La pericolosità delle mode in campo spirituale e filosofico è elevata: si rischia di danneggiare ciò a cui si dice di tenere. Bisogna davvero essere prudenti: dire poco, fare molto, soprattutto dentro di noi. Spesso aderiamo ad idee o stili di vita in voga giusto per soddisfare il nostro bisogno di poterci sentire protetti, in branco, non molto diversamente dagli altri animali. A questo proposito, ricordo che il suo tempio, Tenryuzanji, si trova in un luogo bellissimo ma molto isolato. Lei si sente mai solo quando passa del tempo lì?
Mai! Prima di tutto perché ci sono sempre molte persone che vengono a trovarmi e poi perché con tutti gli esseri visibili ed invisibili con cui convivo non ho modo di sentirmi solo hahahaha
7. Un’ultima domanda: come possiamo conciliare l’essere cittadini della nostra patria (qualunque sia quella a cui sentiamo di appartenere) e l’essere comunque parte della comunità dei viventi?
Sentirsi parte di una patria la ritengo una forma mentale molto importante, poiché ci mantiene consapevoli delle nostre radici! Io sento mia patria il Veneto, e questo mi riempie ogni qualvolta devo confrontarmi con altre realtà mondiali. Tuttavia, sentirmi veneto non mi porta ad avere senso di separazione da altri (italiani, tedeschi, francesi ecc.): queste sono sciocchezze distribuite da interessi egoistici e politici, ma al contrario proprio perché sento in me radicamento e quindi stabilità, mi sento libero e sicuro in ogni paese io vada e con le genti che incontro. Grazie questo mio senso di patria io mi sento cittadino del mondo!
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L’intervista finisce qui. Ringraziamo il reverendo Seiun per la pazienza e vi salutiamo, lasciandovi con un’immagine del suo Tempio.
Molta saggezza , grazie !
Grazie per essere passato!
C’è di cosa riflettere e meditare
Hai ragione, il rev. Seiun ci ha offerto moltissimi spunti. Grazie per la tua visita!