Non penso esistano “molti” modi per meditare. Anzi, facendo un passo indietro, credo che su questa parola si sia costruita una vera e propria pluralità: oramai la “meditazione” è declinata in ogni modalità possibile ed, ogni volta che questa operazione è stata compiuta, si è cercato di ottenere uno strumento per risolvere uno dei nostri problemi di donne ed uomini dell’Occidente.
Ho cercato di recuperare l’idea della meditazione per come era stata pensata, molti secoli fa, dai filosofi buddhisti e l’operazione è stata lunga e laboriosa. Dicevo che non esistono molti modi per meditare correttamente, ma mi correggo: ne esiste solamente uno.
Il problema è certamente rappresentato dal fatto che questa modalità è poco accessibile, soprattutto per gli esseri umani che vivono la nostra epoca.
Il motivo è semplice: se la meditazione è il contatto con la realtà, il nostro pensare, il nostro utilizzo del linguaggio e dei concetti, sono l’antitesi esatta di questo rapporto che in teoria dovrebbe essere naturale, immediato tanto quanto lo è respirare.
Ho quindi prima di tutto pensato ad un modo per “traghettare” le persone da una situazione di normalità (cioè in media più del 50% del proprio tempo da svegli passato in “compagnia” di pensieri più o meno distraenti) ad una condizione di approccio alla meditazione. Ho chiamato questa tecnica “Eidosofia“, cioè “conoscenza delle immagini”: è un metodo estremamente semplice, adatto a tutti ed è il modo più diretto per iniziare a percepire cosa pensiamo, come stiamo davvero e quale sia la nostra situazione interiore.
Dopo che eidosofia viene compresa e praticata per un po’, è quindi più facile muovere il passo successivo, cioè conoscere la “meditazione” per come questa deve essere praticata.
Meditare serve ad essere più produttivi in azienda, serve a rilassarsi, serve a diventare più capaci di controllarsi… ma siamo davvero sicuri che tale pratica sia nata per questi motivi? Francamente lo trovo difficile: sembrano più le espressioni dei bisogni dell’essere umano moderno. Sembra il tentativo di estrarre qualcosa di utile da una conoscenza che non si conosce molto bene e che sembra potere essere d’aiuto.
Il fine della meditazione è, invece, la conoscenza.
Certo, la conoscenza poi ci aiuta ad avere meno paura, ad essere più calmi, ed essere consapevoli ci aiuta nel compiere scelte, e le scelte giuste probabilmente ci renderanno più felici di quanto non farebbero quelle sbagliate. Ma di certo non posso pensare di “meditare per compiere scelte giuste”, non avrebbe alcun senso.
La meditazione è qualcosa che si fa di per se stessa, senza un fine diretto. È un concetto senza dubbio difficile ma ho cercato di renderlo il più chiaramente possibile in questo libro, che potete spulciare direttamente dal sito dell’Editore.
L’idea alla base di tutto il mio lavoro è che la meditazione, se propriamente praticata, possa cambiare il mondo. Vi sembra assurdo?
La conoscenza cui la meditazione conduce, regala nuovi occhi per osservare la nostra realtà: questa è la ragione. Nei prossimi articoli ne parleremo più diffusamente.
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Io ho sbirciato anzi ho fatto di più ,vi invito a farlo e scoprirete qualcosa di bello