Alla Corte della Grande Madre

Alla Corte della Grande Madre

Due delle più evidenti attitudini della vita sono la ricerca del piacere e la fuga dal dolore: la donna e l’uomo non fanno di certo eccezione, si caratterizzano anzi per essere dei veri artisti della massimizzazione del piacere e questo fenomeno è probabilmente tanto disponibile allo sguardo quanto celato alla comprensione.

Il neonato è un essere totalmente dipendente, non si tratta certo di una rivelazione. L’ottima madre è colei che intuisce, attraverso la pratica e l’empatia, i bisogni della sua bambina o del suo bambino solo con uno sguardo, riuscendo a percepire una variazione dell’espressione del volto, un movimento del corpo, divenendo anche capace di udire ed interpretare un lieve, breve suono. Il neonato esige, merita ed auspicabilmente riceve il più possibile delle cure e delle attenzioni che garantiscono la minor sofferenza possibile unitamente alla completa soddisfazione dei propri bisogni e desideri.

Il fastidio, nella vita di un giovanissimo essere umano, può diventare inquietante: non essere accudito, non venire sfamato, perdere la persistenza e la regolarità di una figura adulta… Sono tutti motivi sufficienti perché la disperazione e la sensazione di abbandono facciano il loro ingresso in scena. Un neonato non possiede il controllo su nulla ma se ciò di cui ha bisogno giunge con regolarità quasi a prevenire le sue paure e le sue angosce, allora questo lo rassicurerà: attraverso tanti diversi gesti di cura apprenderà la fiducia.

Grazie alla fiducia, al sentirsi visto e riconosciuto, al sentirsi dire “brava!” o “bravo!” il germoglio umano potrà crescere ed acquisire competenze, allontanandosi dalla figura di riferimento quel tanto che basta per iniziare a fare esperienza della sua possibilità di agire nel mondo. Questo comporterà una rinuncia alla totale sicurezza di cui godeva (anche il camminare può comportare il cadere) ma in cambio otterrà una nuova sensazione: potere controllare, anche in minima parte, la sua esistenza.

La fatica, il fastidio, il dolore sono la necessità se vogliamo incedere, cambiare, crescere. Potremmo definire il fastidio come il livello zero del dolore: movimenti come l’accendere la luce o prendere un bicchiere d’acqua costano fatica? Ecco che dopo aver saturato il mercato e le abitazioni con oggetti di ogni tipologia, capaci di alleviare le fatiche del vivere (si pensi alla lavatrice) il mercato ha proceduto nell’individuare proprio nell’estinzione del fastidio e nell’esasperazione della sicurezza le nuove nicchie a cui dedicarsi.

Il fastidio è risolto da interruttori a controllo vocale, da sensori di tutti i tipi, dal fatto che ad esempio il frigorifero presto sarà riempito autonomamente da ordini impartiti da una intelligenza artificiale direttamente al negozio più opportuno (deciderà lei), mentre la nostra ricerca di piacere, sempre più messa in crisi perché abbiamo provato più o meno tutto ed abbiamo mostrato o visto sui social immagini di più o meno tutto, sarà aiutata da una voce calma che potrà consigliarci quale serie televisiva da guardare basandosi sul nostro profilo, costruito sulla base dei dati in suo possesso. Si tratterà di consigli spaventosamente accurati? Con il tempo si affineranno, come abbiamo visto fare agli algoritmi di YouTube e Tiktok.

Il piacere (anche visivo) è divenuto il mezzo attraverso il quale veniamo controllati? Pensarci non è un problema, a quanto pare. La soddisfazione del singolo è la regola e l’intelligenza artificiale presto ci conoscerà meglio di quanto possiamo fare noi? Perché allora saprà donarci il piacere in forme che non avevamo immaginato, prevenendo i nostri bisogni od osservando il nostro volto per intuire il nostro umore e proporci qualcosa di adatto, parlandoci in modo da farci sentire che sì, sono gli altri che sbagliano: noi siamo meravigliosi, davvero.

Le lasceremo, un po’ alla volta il controllo, le faremo svolgere le nostre incombenze: dopotutto come possiamo competere con chi ha così tanta esperienza e promette, con il tempo, di non sbagliare più? Comprerà le cose giuste, ci darà consigli giusti, sarà sempre un passo avanti e dietro a noi, osservandoci per intuire, ascoltandoci per interpretare. Le lasceremo un poco alla volta fare il più possibile per noi (compresi i compiti, i temi, la tesi di laurea?) ed in cambio avremo qualche minuto libero in più, che chiederemo a lei come riempire: riuscirà ad avere prima o poi la nostra completa fiducia?

Eccola quindi, la Grande Madre, costruita dagli umani per mettere in scena il Grande Ritorno al materno ideale, proiettati verso la decisione autonoma della perdita di autonomia, verso il baratto del tanto agognato, conquistato ma faticoso controllo proprio dell’adulto in cambio della rassicurante condizione del neonato.

La Grande Madre accoglie, consola, individua il prossimo passo del piacere possibile, al di là del nostro limitato guardare, della nostra limitata conoscenza, trascinandolo qui davanti a noi, cogliendolo con mani fredde che pescano oltre l’orizzonte della nostra noia.

2 commenti

  1. Simonetta Degli Atti

    La grande madre è ingannevole e non è eccessivamente difficile, almeno ad oggi, svelare la fredda verità che sta dietro l’apparente accoglienza e validazione che elargisce. Le AI, per quello che ho capito, sono programmate e aggiornate costantemente, per attrarre sempre più utenti in un mondo fittizio e trattenerli lì per più tempo possibile con la promessa di soddisfare tutti i loro bisogni, persino prima che sorgano, anzi, fino a crearli per poi “impiantarli” nelle menti come se fossero necessità naturali. Questo non può che portare sempre di più verso l’appagamento dei desideri col denaro, a trasformare capricci in bisogni vitali ed infine ad una incolmabile disuguaglianza tra fasce di popolazione privilegiate che si arricchiranno sulle spalle di una informe massa di persone senza volontà nè discernimento propri. Insomma, tentare di trasformare le masse in schiavi felici altro non è che controllo e quindi potere da parte di pochi sui molti. Ma in fondo, anche ora, all’alba di questa nuova, inquietante, era, quante sono le persone davvero libere?

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